Andrea Martinucci

 

Perché hai scelto la carriera artistica?

Nella mia situazione non è stato nulla di premeditato. Improvvisamente dopo un evento della mia vita, la prima cosa che feci fu quella di gettare su tela le mie idee istantanee. Con il passare del tempo l’arte non è rimasta istintiva e primordiale ma ha avuto un carattere più di sperimentazione e ricerca.

Qual è stata la tua formazione? 

Secondo me l’inizio di un percorso lavorativo è legato all’infanzia . Quando siamo all’apertura della nostra vita siamo influenzati da tanti input esterni.  Mi ricordo che all’asilo tra i miei migliori amici c’erano i colori e i fogli di carta. Naturalmente ognuno ha delle doti che con il tempo vanno perfezionate. Ho frequentato il liceo artistico sperimentale (dove ho imparato tanto sapere ma poca tecnica). Successivamente mi sono iscritto a Multimedia Design presso L’Accademia Delle Arti e Nuove Tecnologie a Roma.

Hai dei modelli di riferimento artistico e culturale?

Non ho un unico punto di riferimento ma amo spaziare tra gli anni e i luoghi della storia dell’Arte e della Cultura. Ogni personaggio nella storia ha dato qualcosa quindi ringrazio tutti allo stesso modo.

Cosa pensi della situazione artistica in Italia e a livello internazionale? 

L’Italia purtroppo viene sempre discriminata a causa del proprio sistema troppo superficiale. Gli altri paesi sembrano  non investire molto sulle nostre scene artistiche.

Credo comunque che ci siano molti artisti validi che meritino di fare un gran percorso e di essere riconosciuti per quel che valgono e non per il loro paese di provenienza.

Ci racconti come nasce e si sviluppa il tuo lavoro, concettualmente e manualmente? 

Alla base del mio lavoro c’è sempre una ricerca quotidiana che nasce dall’interesse profondo nei confronti della società. Mi guardo sempre intorno e a volte rimango stupito  positivamente o negativamente dalle situazioni che recepisco. In seguito annoto il tutto su delle pagine che mi fanno da diario progettuale. Dopo questa fase, con il passare del tempo, seleziono i progetti che meritano di essere più approfonditi rispetto gli altri e inizio a elaborarli. Il lavoro manuale è quello meno rilevante rispetto a tutta la ricerca delle idee. A seconda del progetto, scelgo il mezzo che può offrirmi più possibilità di realizzazione, quindi la fase di sviluppo cambia di volta in volta.

Cosa hai voluto dire nelle opere che esponi nella nostra mostra?

Il progetto che espongo in mostra si chiama “Untitled 2011”. Ho preferito il senza titolo perché non ho più parole per descrivere la situazione politica attuale. Mi è rimasto solo il gesto dello strappo e dello sfogo che mi hanno permesso di distruggere un’opera ben eseguita inizialmente per poi riproporla in una nuova veste. L’opera (la nostra situazione) non voglio che sia lasciata a terra ma che venga sistemata in maniera innovativa quindi rimessa in gioco. Sono visibili gli strappi che rimangono nonostante il tempo passi. Amo una frase di Erri De Luca “ Considero valore tutte le ferite”. Solo con esse si può costruire un futuro.

Riesci a vivere del tuo lavoro? 

Ogni settimana offro delle lezioni a dei ragazzi di arte NON accademica. Faccio a loro sempre mille riferimenti alla contemporaneità e li sprono ad osservare le cose che hanno intorno.  Materialmente non riesco a vivere con costanza solo di arte, però questa alimenta la mia vita quindi posso dire che riesco a Vivere del mio lavoro. Per ora questo mi fa stare bene.

Qual è il tuo rapporto con il pubblico che visita le tue mostre? È cambiato nel corso degli anni?

Mi piace molto interagire con le persone che osservano i miei lavori. Ultimamente i progetti sono tutti quanti pensati in modo da rendere attivo il pubblico, togliendo la staticità che spesso trovo dentro gallerie tutte bianche e vuote, dove le persone hanno addirittura imbarazzo a chiedere il comunicato stampa. Mi piacerebbe che il sistema dell’arte fosse rivolto di più alle persone comuni piuttosto che a pochi eletti.