Gianluca Capozzi
La invito a presentarsi : perché ha scelto la carriera artistica e qual è stata la sua formazione?
Piacere Gianluca, allora la mia scelta è stata naturale, quasi un’ esigenza data dalla mia passione per il disegno e la pittura, che poi si è trasformata in una professione e la mia attenzione si è ampliata a tutti i media che sperimento. La mia formazione passa per l'istituto d'arte statale “Paolo Anania De Luca” di Avellino, all’ accademia di belle arti di Firenze. Credo che la scuola sia comunque un’ esperienza.
Ha parlato di media, quali generi usa ?
Oltre alla pittura e il disegno con varie tecniche e con l'uso di vari materiali utilizzo la fotografia e il video.
Vuole raccontarci come nasce e si sviluppa il suo lavoro, manualmente e concettualmente?
Uso prevalentemente la pittura, acrilico, olio, oilbar, matite colorate e pastelli su tela o su carta. Dunque, il mio lavoro trova il suo fulcro nella sperimentazione, si concentra sul percorso della mia indagine sulla pittura e cerca in questo modo i sui limiti e le sue possibilità. Una pittura che non vuole essere una continua ripetizione di un punto di arrivo, che si allontana dalla riconoscibilità dell'artista tramite un suo linguaggio prestabilito. Spazia dall'astrazione alla figurazione e molte volte esce dallo spazio delimitato della tela per moltiplicarsi ed invadere altri spazi circoscritti, per diventare la mappatura di un viaggio, di un istante prolungato all'infinito che muta e tocca vari stati di consapevolezza, di coscienza. Non un racconto diretto e stabile ma, un riflesso di qualcosa che può essere rivissuto da ogni persona secondo la propria interiorità. Secondo il suo universo. Quindi una comunicazione diversa che prende le distanze da un concetto stabile sostituendo la ragione con l'intuizione, un libero scambio di energie che avviene, accade in un preciso istante. In alcune mie installazioni pittoriche ogni lavoro avendo una sua forte singolarità viene accostato ad altri lavori creando un rumore visivo che si avvicina ad un suono, ad una vibrazione. Nella geografia di un mio quadro è possibile trovare dei luoghi che emettono dei suoni diversi. Visione di una pausa, di un recipiente semi vuoto che ha spazio per essere riempito.
Se la mia pittura si esaurisse nella ripetizione dello stesso posto con piccole variazioni o della stessa frequenza, si allontanerebbe da questo vuoto e quindi il recipiente sarebbe troppo pieno per accogliere l'energia di cui ha bisogno per diventare ciò che potrebbe essere e non solo la sua rappresentazione. La mia indagine, il mio percorso è pari ad un attimo prolungato che subisce delle variazioni emozionali e quindi ha l'esigenza di distaccarsi dalla continua clonazione che ha caratterizzato questo media.
Si ispira a qualcuno o comunque ha un modello di riferimento artistico e culturale ?
Trovo ispirazione dalla mia ghiandola pineale che in un certo modo è collegata all'universo, di cui tutti facciamo parte, quindi mi ispiro a tutto. E’ vero anche che, in qualche modo, guardando varie opere sia presenti che future, inconsciamente si viene colpiti e condizionati da tante cose, ma rimangono opere, di tanti artisti quindi di nessuno in particolare e nello stesso tempo di molti artisti.
Ci parli un po’ delle opere che presenta alla mostra.
Bene, l’attenzione è spostata dal risultato al processo creativo che diventa protagonista. Processo creativo inteso come meditazione, come momento infinito influenzato da continui cambiamenti e soprattutto dalla coscienza della realtà in quel preciso se pur dilatato attimo. L’interazione, nei disegni presentati per la mostra, avviene nel momento in cui, tenuto conto dell’eliminazione della dualità tra osservatore ed osservato, si stabilisce la perdita di questo confine e di tutti i confini legati alla concezione dell’oggetto arte come riconducibile ad una persona che approda ad una meta per poi riprodurla all’infinito. Continua continuità intesa come vibrazione, riflessione. I disegni rappresentano un tutt’uno organico composto da tante singolarità in reazione tra di loro. Questa reazione rappresentata come vibrazione, ripercorre il momento artistico quasi come mappa di se stesso, inglobando in essa il ricevente, l’osservatore che diventa esso stesso osservato nel momento in cui si relaziona con l’opera. Concepisco i miei lavori come delle schegge, qualcosa che si distacca dal momento artistico, sempre unico, ma anche parti di un unico viaggio. Ho avuto l'esigenza di un non titolo che toglie importanza alla descrizione preconfezionata per lasciare spazio ad una descrizione più ampia. Trascendendo il titolo voglio mettere subito in risalto che non si tratta di una comunicazione in linea retta tra me e i relativi fruitori ma tra me e l'immagine e tra loro e la stessa come un riflesso, uno specchio d'acqua dove io mi rifletto da dentro l'acqua e loro da fuori, quindi uno scambio di energie, un punto di partenza che vuole essere un input, un trampolino per suscitare altri viaggi, altre esperienze interiori, senza una traccia fissa o prestabilita. Il volto che spesso ricorre nelle mie opere, credo sia la cosa più astratta che ci sia al mondo, è qualcosa in continuo mutamento sia temporale che emozionale. E’ sicuramente la parte del corpo più vicina e che più manifesta l'anima, il proprio mondo onirico, il riflesso della nostra ghiandola pineale e trasformandolo cerco di manifestare quello che mi appare senza guardare o almeno senza guardare in superficie.
Ci sono diverse opere in cui disegna linee confuse e colorate, quelle che comunemente vengono chiamate ‘scarabocchio’, cosa vuole comunicare al pubblico o cosa vorrebbe arrivasse?
Ecco la confusione è il risultato del mio distacco dalla riconoscibilità dell'artista tramite la sua opera intesa come clonazione, ripetizione meccanica di un punto di arrivo. La mia attenzione si sposta sul percorso e non sulla meta. Sostituisco un concetto stabilito con una comunicazione energetica che diventa un input per suscitare nei relativi fruitori un viaggio nel proprio essere interiore.
Tramite un messaggio "comprensibile" e diretto che faccia si che indipendentemente dalla sua cultura, ceto sociale, pensiero o appartenenza possa essere cosciente e consapevole di un momento artistico inteso come trasmissione di un residuo o risultante dell'atto artistico stesso. Lo ‘scarabocchio’ è la prima forma di comunicazione dei bambini che essendo puri, puri da ogni contaminazione esterna, da ogni tradizione o dogma, da ogni pensiero precostituito riescono a trasmettere degli impulsi trasparenti che parlano della loro anima e nello spesso momento, naturalmente di quella di tutti.
Oltre ai volti ci altri soggetti presenti nelle sue opere ?
Si, svariati. Molti sono astratti, altri hanno qualcosa di reale, altri ancora è colui che guarda a dargli forma.
Qual è il suo rapporto con il pubblico? è cambiato nel corso degli anni?
In genere si instaura un rapporto tra me l'opera ed il pubblico, uno scambio di energie, è come se io mi specchiassi nel mare, immerso nell'acqua e il pubblico lo facesse da una barca. Sicuramente oggi l'arte non è più un fenomeno circoscritto.
Cosa pensa della situazione artistica in Italia e a livello internazionale?
Non penso niente in realtà, ma alle volte mi rendo conto che è permeata da una profonda inconsapevolezza.
Riesce a vivere del suo lavoro?
Si riesco a vivere del mio lavoro vendendo le mie opere.